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Terapia rigenerativa con staminali in cani e gatti:

La terapia rigenerativa è una branca della medicina che si dedica particolarmente allo studio della rigenerazione dei tessuti.
Gravi ferite con perdita di sostanza, ustioni, ulcere diabetiche, ritardo di guarigione delle fratture, patologie muscolo-scheletriche sono tra i principali campi d’azione delle terapie rigenerative in campo umano.
In tempi recenti queste terapie hanno trovato applicazione anche nelle malattie infiammatorie croniche e immunomediate, quali artrosi, colite ulcerosa, morbo di Crohn.

In medicina veterinaria le stesse terapie vengono applicate già da diversi anni anche sugli animali con risultati, in genere, molto buoni e talvolta eccellenti, soprattutto in quelle patologie che non trovano risposte terapeutiche alternative.
In tutto il mondo, sia in ambito medico che medico veterinario, gli studi su questi innovativi strumenti terapeutici sono molto diffusi e costantemente vengono segnalate nuove applicazioni cliniche.
In Italia i centri veterinari dove applicare queste terapie sono ancora pochi e ciò in buona parte dipende dalla scarsa diffusione delle conoscenze della materia nel mondo degli animali.

Cosa si intende per terapia rigenerativa?
In genere si tratta di un prodotto biologico ottenuto da un prelievo di tessuto da un individuo, lavorato in laboratorio e reintrodotto nel paziente.
Si parla di terapia autologa quando il donatore ed il ricevente sono lo stesso individuo: un animale che soffre di una determinata malattia viene sottoposto ad un prelievo di tessuto che poi verrà introdotto nuovamente nel paziente dopo le necessarie operazioni di laboratorio.
La terapia, invece, è allogenica o omologa quando il donatore è un individuo diverso dal ricevente: un animale sano dona un suo tessuto che viene mandato al laboratorio e poi somministrato al paziente malato.

Quali sono le terapie rigenerative?
Le principali terapie rigenerative impiegate in medicina veterinaria sono quelle a base di cellule staminali mesenchimali e quelle che utilizzano i concentrati piastrinici.

Cellule staminali mesenchimali adulte.
Sono cellule adulte indifferenziate che si trovano in tutti i tessuti di origine mesenchimale e sono quelle cellule che si attivano spontaneamente in loco per avviare una riparazione ogni volta che il tessuto subisce un danno, sia degenerativo che traumatico.
La bioingegneria ha messo a punto metodiche per estrarre dai tessuti queste cellule e per arricchirne il numero, in modo da potere somministrare all’animale una quantità di cellule molto più numerosa di quelle che si trovano in natura nella sede della lesione.
La cellula staminale mesenchimale adulta ha due caratteristiche principali: una replicativa ed una differenziativa, ovvero ha la capacità sia di riprodursi che di trasformarsi in cellule della stessa natura del tessuto nel quale vengono introdotte.
In altre parole: la cellula indifferenziata, una volta introdotta nel tessuto, instaura quello che viene definito “un cross-talking”, cioè “scambia informazioni” con le cellule circostanti che le trasmettono particolari stimoli biochimici che ne inducono la differenziazione verso la linea cellulare di quello specifico tessuto. Pertanto, se iniettiamo le cellule in un tendine lesionato, queste si trasformano in tenociti (cellule tendinee), se in articolazione si trasformeranno in condrociti (cellule della cartilagine), se in una frattura ossea, in osteociti (nuove cellule dell’osso), se in una ferita, in fibriblasti (cellule del connettivo).
Oltre a differenziarsi, le cellule staminali mesenchimali hanno anche capacità di replicarsi, cioè di moltiplicarsi. L’attività replicativa e differenziativa all’interno del tessuto avviene “in modo asimmetrico”, per cui da una cellula madre derivano due cellule: una che si differenzierà e l’altra che sarà simile alla cellula madre, cioè in grado a sua volta di produrre due cellule, di cui una si differenzierà e l’altra si comporterà come la madre. E così via: in questo modo le cellule introdotte mantengono nel tempo la loro “staminalità”, cioè la loro capacità a differenziarsi e a replicarsi, garantendone l’attività fino a guarigione avvenuta.

Come si attua la terapia cellulare in un animale?
Come detto, abbiamo due possibilità: impiego di cellule autologhe o di cellule omologhe. La scelta spesso è condizionata dalle diverse situazioni non solo cliniche, ma anche ambientali e organizzative ed è il medico veterinario l’unica persona in grado di fare la scelta più appropriata, basata sulle proprie capacità decisionali.
Ad esempio, bisogna sapere che le cellule (che sono vive e tali debbono rimanere durante tutte le fasi del procedimento) fuori dal loro ambiente sopravvivono per brevi periodi; quindi occorre essere meticolosi nelle fasi di maneggiamento, trasporto e somministrazione ad evitare il loro danneggiamento o addirittura la morte.
Alla fine, l’atto pratico di attuazione della terapia cellulare spesso consiste in una semplice iniezione all’interno del tessuto da trattare, ma le vere problematiche da affrontare affinché la terapia abbia successo stanno a monte dell’atto chirurgico.
Il ruolo del medico veterinarie con le sue competenze specifiche è quindi determinante nel successo terapeutico.

Concentrati piastrinici
Le piastrine contenute nel sangue contengono molti elementi in grado di stimolare la cicatrizzazione.
Quando si ha rottura di un vaso sanguigno si crea un’emorragia: il sangue contenuto all’interno del vaso esce attraverso l’apertura creata dalla lesione. Le piastrine, che nel flusso sanguigno scorrono al centro, vengono sbalzate contro la parete nel punto della lesione e qui si aggregano (si uniscono una all’altra) e formano il coagulo, liberando le sostanze in esse contenute, in particolare i fattori di crescita che stimolano la cicatrizzazione e quindi l’arresto dell’emorragia e la riparazione del danno vascolare.
La bioingegneria ha estrapolato questi concetti di fisiologia del sangue in modo da poterli applicare anche per l’accelerazione dei processi di cicatrizzazione di altri tessuti.
Da un normale prelievo di sangue periferico, con semplici procedure di laboratorio, si separa il plasma dalla parte corpuscolata (globuli rossi), in modo che le piastrine rimangano tutte nel plasma. Poi questo plasma viene separato in due frazioni: una con un alta percentuale di piastrine che si chiama Concentrato Piastrinico (CP) ed una con una quantità molto inferiore di piastrine che si chiama Plasma Povero di Piastrine (PPP). Dal momento che il CP in genere ha un volume molto piccolo, viene risospeso in una quantità di PPP idonea al volume che si vuole ottenere in base al tipo e estensione della lesione.
Il prodotto finale di chiama PRP.

Il PRP favorisce e accelera la cicatrizzazione mentre le Cellule staminali mesenchimali inducono la rigenerazione di un tessuto.
Pare evidente come la loro associazione possa favorire la guarigione ottimale di un tessuto danneggiato.
Talvolta sarà più indicato un trattamento solo con PRP, altre volte solo con Cellule Staminali Mesenchimali, altre ancora con la loro associazione. Quando e come utilizzare l’una o l’altra di queste terapie rimane una scelta che può fare solo il medico veterinario, in base alla sua esperienza e alle sue conoscenze di queste complesse terapie innovative.

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